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Autore

L’autore è quasi sconosciuto sebbene operi in un periodo molto importante per la cultura fiorentina. Basti pensare che la stesura del trattato (1515-1516) è coeva all’attività di personalità del calibro di Niccolò Machiavelli e Francesco Guicciardini.

Piero di Niccolò d’Antonio da Filicaia non appartiene alla cerchia più ristretta dei letterati e degli intel­lettuali legati alla vita politica e culturale fiorentina. Tuttavia, da parte materna fu imparentato con Bartolomeo Scala, storico, letterato e politico che aveva operato in stretto contatto con la famiglia de' Medici. L'avo materno è per Filicaia una fonte d'ispirazione e anche il punto di collegamento per assicurarsi la benevolenza di Giuliano de’ Medici, duca di Nemours e fratello del papa Leone X. 

Da parte di padre, Piero vantava una nota familia di copisti fiorentini tra cui spicca il nonno Antonio da Filicaia (Bianco 2003, 238). Tale positiva congiuntura familiare senza alcun dubbio favorì i contatti con l’ambiente mediceo: alcuni passaggi del manoscritto Giuochi matematici ce ne forniscono la conferma.

Sebbene non lo troviamo nelle storie della letteratura né in quelle dedicate alla vita politica fiorentina, abbiamo diverse notizie su di lui grazie alla completezza degli archivi fiorentini. Il quadro familiare di Filicaia e gli anni del soggiorno a Borgo Sansepolcro sono ben delineati nella ricostruzione di Ulivi (Ulivi 2013). Piero, figlio di Niccolò e di Maria Battista Scala, nacque il 21 marzo 1489. Nell'ultimo decennio del secolo il piccolo Piero fu introdotto allo studio della scrittura latina e volgare e allo studio delle lettere. Come egli stesso ricorda, almeno una parte dello studio era avvenuta sotto la guida della zia materna Alessandra, raffinata poetessa anche di versi greci, corteggiata da Poliziano, e mo­glie del letterato Michele Marullo (Ulivi 2013). Dopo il 1501 la famiglia si tra­sferisce da Firenze per approdare poi a Borgo Sansepolcro. Il giovane Piero da Filicaia vive quindi a Borgo e lì completa la sua istruzione sotto la guida del frate Pascasio, monaco nello stesso convento cui apparteneva Luca Pacioli. Negli archivi  cittadini ci sono documenti che testimoniano la presenza di Piero a Borgo Sansepolcro fino al 1516 (Ulivi 2013). Nello stesso anno l’autore dei Giuochi mathematici rientrò a Firenze nel 1516 dove sposò Lena degli Albizi. Piero con molta probabilità svolgeva l’attività mercantile ricopriva degli incarichi minori a Firenze e fuori (Ulivi 2013, 241). Negli anni venti vari documenti notarili riportati alla luce da Ulivi (2013) confermano la sua presenza e l’attività a Firenze. Sulla data della morte del Nostro la storica fiorentina scrive:

Apprendiamo dunque che Piero morì attorno ai quarant’anni tra il 21 novembre 1528 ed il 4 luglio 1531. La sua assenza nei “Registri dei morti” di Firenze fa pensare che il Da Filicaia possa essere scomparso durante la pestilenza del 1528, oppure che sia deceduto altrove, forse durante un incarico che lo aveva portato lontano dalla città natale.

Su questo ultimo punto forse una precisazione potrebbe venire dalla Storia fiorentina di Benedetto Varchi: ancora nel 1529 e 1530 Varchi (Varchi 1843, 2:297 e 451) nomina un Piero da Filicaia interpellato come rappresentante di alcuni cittadini nelle difficili circostanze della guerra contro Carlo V negli anni 1529-1530. Non c’è certezza che si tratti del Nostro, ma se accettiamo l’identificazione dobbiamo posticipare la data della sua morte: sarebbe avvenuta tra luglio 1530 (ultimo accenno nelle Storie fiorentine) e il 4 luglio 1531. È chiaro che gli anni di maturità del Nostro lo allontanarono dall’esercizio delle lettere e della matematica, perché al di fuori delle opere giovanili: trattato dei giochi matematici e il trionfo in onore della casata medicea, non ci sono cenni di altra attività in tal senso.

Negli anni del soggiorno a Borgo San Sepolcro, dove nel tempo suo nonno e suo padre ricoprirono importanti incarichi nel corso degli anni, Piero ebbe modo di cono­scere e di frequentare Luca Pacioli che spesso faceva riotrno al convento francescano. Piero ebbe anche modo di studiare e di discutere con Pacioli il contenuto del trat­tato De viribus quantitatis del famoso matematico. Gli echi di questa conoscenza sono presenti nelle parole dello stesso da Filicaia.

I contatti di Pacioli con Piero Filicaia sono confermati da diversi documenti, molti dei quali recentemente riscoperti da Ulivi (2013). Nel 1511 Piero figura come uno degli esecutori del testamento di Pacioli e nel 1512 sorge tra di loro una controversia, menzionata già da Taylor (Taylor 1942, 374–75) e ora descritta in dettaglio da Ulivi, circa la restituzione da parte di Filicaia di tre casse lasciate da Pacioli.

Il suo soggiorno a Borgo Sansepolcro fu quindi decisivo per la cristalizzazione dei suoi interessi matematici e risultò anche di fondamentale importanza per la stesura del trattato. Indubbia è l’influenza che Pacioli esercitò su Filicaia nell’interesse verso le scienze matematiche. Sono, dunque, con tutta probabilità, i testi presenti nella biblioteca del convento francescano, oppure i libri affidatigli da Pacioli, quelli a cui Filicaia fa riferimento: «ho visto, lecto e rivoltato molti auctori sopra tale materia parlanti» (Da Filicaia: c. 1v). Grazie a essi Piero approfondisce la conoscenza del fatto che «la scientia mathematicha è infallibile».

Non si hanno molte notizie riguardo alla sua produzione letteraria. A parte il trattato in questione, due sonetti e un poemetto sul festoso corteo a Firenze dopo l’elezione del papa mediceo Leone X, egli sembra non aver lasciato altre opere. Le fonti per ricostruire la vicenda biografica sono quindi una manciata di cenni nei Giuochi mathematici e i documenti dagli archivi fiorentini.

Come si deduce da questo breve profilo dell'autore, l'attività letteraria non era centrale nella sua vita. Il trattato dei Giuochi mathematici rimane l'unica opera più ampia di cui ci è giunta notizia. Dalle dediche e dall'impostazione risulta abbastanza chiara la motivazione della composizione del trattato. È l'opera di un giovane ambizioso, ben istruito, con particolare interesse per la matematica, che vuole, mandando un dono prezioso e gradito a Giuliano de' Medici, assicurarsi i favori dei signori di Firenze. Difficile dire se Piero ottenne l’effetto sperato; probabilmente no, perché non troviamo ulteriori tracce di particolare familiarità del nostro autore con la corte di Giuliano. Con molta probabilità la prematura scomparsa di Giuliano (morto poco dopo la stesura del trattato) precluse a Piero queste possibilità. Nel quadro complessivo della vita di Piero da Filicaia l'impegno letterario si configura come un puro otium, contrapposto alla sua solita attività di negotium, cioè di impegno ci­vile. È un'opera giovanile, frutto di interessi giovanili, ma anche di ispirazioni esterne come quelle pacioliane. Anche l'argomento si confà pienamente a questa prospettiva - si tratta di otium di qualità, di uno svago accessibile a persone raffinate ed istruite - un gioco matematico che unisce aspetti ludici e scientifici.