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Storia dei giochi matematici

Il testimone più antico della presenza dei concetti matematici nella mente umana è probabilmente l’osso di Lebombo, trovato nel Sudafrica, in una grotta dei Monti Lebombo e datato al 35.000 a.C. L’osso riporta 29 tacche e veniva usato, con ogni probabilità, come calendario. Dal momento dell’invenzione della scrittura le testimonianze del pensiero matematico divennero sempre più numerose e provengono da tutto il mondo e da diverse culture. Per citarne alcuni esempi, vogliamo ricordare le tavolette d’argilla rinvenute in Mesopotamia con suscritti diversi calcoli (ca. 1800-1600 a.C.), il papiro egizio di Rhind (o di Ahmes) (ca.1650 a.C.), con frazioni e problemi matematici, dalla Cina: Nove capitoli di aritmetica (I sec. a.C.)  e le Annotazioni di Liu Hui (263 d.C.), e dall’altra parte della Terra: il Codice di Dresda (1200 d.C.) – considerato il più antico manoscritto rimasto, proveniente dalle Americhe (Yucatán), scritto dai Maya nella loro lingua, con, tra l’altro, calcoli delle eclissi solari e lunari.

Non è facile, ma sicuramente neanche impossibile, disegnare e ricostruire la storia e lo sviluppo della matematica in generale, in diverse parti del mondo. Ma fare lo stesso con la storia della matematica ricreativa, praticata e applicata per gioco, è un’impresa ardua, soprattutto perché è difficile decidere dove porre la linea di divisione tra quello che è serio, che è pura scienza o che serve per scopi strettamente professionali e quello che è dilettevole, fatto per divertire, per passare il tempo. Probabilmente dobbiamo accettare il fatto che nelle opere matematiche non strettamente teoriche ma basate su esempi pratici, i problemi concreti, di vita quotidiana, a cui si danno soluzioni basate sui calcoli e che servono per imparare e per migliorarsi nei conti e nei ragionamenti, sono spesso mescolati con enigmi e quesiti inventati, e tutti quanti vengono raccontanti in modo da cogliere l’attenzione, da suscitare curiosità e da divertire.

L’autore della più antica raccolta di problemi matematici classificabili come giochi (scritta in latino) è ritenuto Alcuino da York (732-804). Nato in una famiglia benestante, probabilmente a York, già da giovane si distinse per lo studio. Presto entrò nella scuola della cattedrale di York, fondata dall’arcivescovo Egberto il quale, insieme ad Alberto – un maestro della scuola, si accorsero delle rare capacità del loro giovane allievo e lo aiutarono nello sviluppare il suo talento. Dopo una quindicina di anni Alcuino divenne rettore della scuola di York. Sotto la sua guida la scuola si guadagnò una fama europea e il numero degli studenti crebbe notevolmente.

Nel 781, durante uno dei suoi numerosi viaggi, Alcuino incontrò in Italia Carlo Magno che lo invitò a trasferirsi alla corte francese, il che avvenne nel 782. Lì, per diversi anni, guidò la Schola Palatina e si occupò, per conto dell’imperatore, della riorganizzazione dell’insegnamento in Francia e in tutto l’Impero. Scrisse diverse opere, su vari argomenti: dalla didattica (della grammatica, retorica, ortografia), teologia, filosofia, alla storia, poesia ed altro. Una delle conseguenze della riforma guidata da Alcuino era la crescente consapevolezza della differenza tra il latino e le lingue effettivamente parlate nell’area romanza.

Per quanto riguarda la matematica, l’interesse di Alcuino fu di carattere strettamente didattico. Da bravo insegnante voleva incoraggiare gli allievi a esercitarsi nei ragionamenti e nei calcoli. Già il titolo della sua opera Propositiones ad acuendos juvenes [Problemi per rendere acuta la mente dei giovani] ne è testimone. Gli stessi contenuti e il modo in cui vennero presentati i problemi matematici (sotto forma di quesiti o indovinelli) fa di questa raccolta un’opera dell’ambito di cosiddetta matematica ricreativa.

Tale co-presenza di motivazioni didattiche e di forme leggere di quesiti-indovinelli è presente lungo tutto il Medioevo nella trattatistica abachistica.

La presenza dei giochi matematici è rilevante in qualsiasi trattato d’abaco a partire almeno dal Liber abaci di Leonardo Pisano detto il Fibonacci. Vissuto tra il XII e XIII secolo (le date 1170-1242 sono approssimative), questo matematico è considerato uno dei più celebri matematici di tutti i tempi. Nel suo Liber abaci del 1202 riconosciuto oggi “come uno dei libri più influenti mai scritti” (Devlin 2013, 124), introdusse le cifre arabe, chiamate da lui “indiane”, il segno dello zero, oltre ad occuparsi dei criteri di divisibilità, di radici quadrate e cube e di tanto altro. Ma oltre tutte le questioni teoriche esposte, una parte della sua opera è dedicata agli enigmi matematici con soluzioni. Tra i diversi problemi (in maggior parte trattanti la divisione del cibo e del denaro) ce n’è uno, per cui Fibonacci è ampiamente noto. Si tratta del quesito sulla dinamica della popolazione dei conigli. In realtà, non fu lui a inventare il problema (lo troveremo in un’altra forma presso i matematici indiani di qualche secolo dopo Cristo), ma la sequenza di numeri che spiega la soluzione di quel quesito è arrivata ai nostri tempi quale la “successione di Fibonacci”.

I libri d’abaco proliferarono con lo sviluppo del commercio e delle banche. Un buon mercante doveva saper tenere bene i conti, ma doveva anche riuscire a trasformare i problemi reali che gli si ponevano nella sua pratica commerciale e nella trattazione con i clienti in equazioni, addizioni, divisioni ecc., vale a dire: nel ragionare matematicamente. A questo gli servivano i libri con esercizi. Si trattava, però, non solo di esercizi di calcolo, ma anche di esercizi meno teorici e più interessanti e, perché no, più divertenti e coinvolgenti.

Tranne lo scopo didattico allora, l’obiettivo, come nota Franci (1981, 21), era quello di distrarre gli allievi dalle noiose applicazioni commerciali. Filippo Calandri, l’autore del De Arithmetica (1491) all’inizio del capitolo VI (dedicato a “certi chasi dilettevoli e numeri”) scrisse: “Ogni sano intelletto arebbe in fastidio non ragonando d’altri casi che di merchatantia, onde nello presente capitolo intendo mostrare alchuno chaso di dilecto e quali sono posti sopra numeri.” All’inizio del capitolo VIII (di nuovo dedicato ai giochi): “Io mi credo per lo chapitolo passato l’appetito è infastidito di tanto avere scripto di merchatantia, onde in questo presente capitolo intendo scrivere alcuno chaso di dilecto acciò che l’animo sia alquanto plachato”. Sempre Franci (1981, 21), citando la Pratica di mercatura di Francesco Ghaligai del 1552, ricorda che la motivazione poteva essere ludica, di passatempo per le lunghe sere d’inverno.

Il primo trattato moderno (sebbene mai pubblicato a stampa) interamente dedicato alla matematica ludica è l’opera De viribus quantitatis, scritta dal “padre della contabilità a partita doppia”, fra’ Luca Pacioli, di cui ci occuperemo nei capitoli seguenti.

E qui, dal punto di vista cronologico, si colloca il nostro trattato di Piero di Nicolò d’Antonio da Filicaia: subito dopo Pacioli e, come lo stesso trattato pacioliano, scritto in volgare e mai pubblicato a stampa.

Dopo Piero da Filicaia troveremo ancora tutt’una serie di nomi di celebri matematici cui oltre allo studio, piaceva divertirsi e divertire con rompicapo ed enigmi. Tra loro, per rimanere sempre nell’ambito italiano, vale la pena ricordare ancora Nicolò Fontana noto anche come Nicolò Tartaglia (1499-1557) e Girolamo Cardano (1501-1576), due celebri matematici che aggiunsero tasselli importanti al sapere matematico del XVI secolo. Tuttavia, nelle loro opere, i giochi matematici costituiscono solo una parte del contenuto.  

Parlando della storia dei giochi matematici è doveroso citare ancora un altro nome importante, quello di Claude-Gaspar Bachet de Méziriac (1581-1638). Questo matematico francese, traduttore dal latino e dal greco, fu l’autore di Problèmes plaisants et délectables qui se font par les nombres, uscito nel 1612. Questa opera entrò nella storia della matematica ricreativa come primo libro stampato, dedicato interamente ai giochi matematici. I giochi e i rompicapo (che sono oltre 50) consistono sempre nei problemi da risolvere utilizzando i calcoli e possono essere trattati come la spiegazione, con un linguaggio comune e facile, dei concetti matematici seri. La tematica si concentra intorno ai vari modi di traghettare la merce o le persone, trucchi con le carte e con i numeri, determinazione dei pesi ed altro. L’opera ebbe cinque edizioni (l’ultima del non lontano 1959) e può essere considerata precursore di altre raccolte di esercizi matematici per gioco che cominciarono a diffondersi a stampa sempre più numerose fino ai nostri tempi.